lunedì 18 agosto 2014

Colornoise – Polychronic (Recensione)

Nelle immagini del comunicato stampa Sonya Carmona e Alison Alvarado si appoggiano l’una all’altra intrecciate in un groviglio di cavi elettrici, o sorseggiano caffé in abiti liberty con il collo cinto da un nodo scorsoio: difficile non cadere in errore, prendendole per delle macabre epigoni delle CocoRosie, spogliate del glamour finto-avanguardistico, o per una sintesi in duo dell’oscura femminilità delle Savages. L’analisi sonora smentisce però l’immediato stimolo visivo: le Raincoats sono emigrate in Costa Rica, dove hanno subito la mutazione virale inoculata dal noise grezzo del decennio a loro successivo, palese nel singolo Button, plasmato da voci brumose e cangianti. Si direbbe, in questo incipit come nell’articolarsi del lavoro, che le liriche siano irrilevanti, se non per la fisionomia sonora con cui scolpiscono l’aria: si incanalano nell’unisono straniante ma al contempo attraente di In Trance, edificata su fondamenta percussive in cui la chitarra metallica flagella come un basso; in No Name le fanciulle diradano lo scalpellare in arresti annoiati mentre il timbro vocale, di una freddezza morbosa, abbozza un refrain che si irrobustisce in un coro minaccioso e infine in un sipario di minima variazione della linea melodica. Con Pieces sono i riverberi a portare indietro il calendario di decenni, fino alle ballate irrequiete di Siouxsie e delle sue creature indemoniate che celebravano sabba secolari al richiamo di ululati femminei ammalianti. Lontani richiami si levano in The End, preghiera antica in cui la voce è ora lanciata come una cometa in picchiata e le chitarre sono ossute come resti tombali riesumati; le forme sonore si ammorbidiscono in Weary, tra volute vocali da incantatrici di serpenti e arpeggi da mesmerismo che propagano tristezza in cerchi concentrici innumerabili. Alison e Sonya si congedano sigillando il disco con il claudicante lamento di Weblocks, prima intriso di tedio e infine scosso in un sommesso tormento attorcigliato nei riverberi; nessun rivestimento sfavillante di arrangiamenti accattivanti e pseudo-sperimentazioni, nessuna smaccata e stanca imitazione di antenati ingombranti: l’intenzione espressiva emerge tangibile, seppur a fatica tra le scelte stilistiche ancora acerbe.

Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Red Sound Records


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