lunedì 16 giugno 2014

J Moon - Hidden Garden Ep (Recensione)

Era il 2011 quando mi imbattei nei La Blanche Alchimie, duo che rappresentava la controprova che i figli d'arte possono essere all'altezza dei padri: oltre al polistrumentista Federico Albanese il progetto si reggeva infatti sulla voce (ed il piano) di Jessica Einaudi, figlia del famoso pianista amato particolarmente da quelli che odiano Giovanni Allevi... o almeno io l'ho vista sempre così. Un album intenso ed intimo, con pochi elementi ma ben assortiti. Con un colpo a sorpresa anni dopo Federico e Jessica decidono di cambiare nome e di assoldare un batterista/percussionista, nella fattispecie Joe Smith, per varare con questi 4 pezzi il progetto J Moon. Un piccolo antipasto in previsione di un album che non dovrebbe essere troppo lontano, ma cosa è cambiato in questi tre anni?
Il mood dell'intera produzione è simile a quanto già esplorato con l'album Galactic Boredom, ma per quanto gli elementi in gioco siano sempre pochi e calibrati con dovizia si nota un'apertura ad un gusto pop più accessibile. L'apertura con “Poison” è da questo punto di vista emblematica, con basso e chitarra che mantengono lo stesso ipnotico giro per tutti i 4 minuti di durata lasciando la scena perlopiù alla voce di Jessica: una scelta vincente a conti fatti, anche quando l'atmosfera si fa più rarefatta e sono i vocalizzi il metro espressivo principale usato. Lo stesso stratagemma della ripetizione di un unico leitmotiv sonoro viene replicato nella successiva “Among The Walls”, dalle suggestioni più fiabesche ma a cui l'aggiunta di un semplice arpeggio di chitarra nei ritornelli dona un'aura vagamente malinconica.
“Hidden Garden”, canzone che dà il titolo all'ep, si presenta ancora più scarna, appoggiandosi perlopiù al duo chitarra acustica-voce, con percussioni e synth in sottofondo a donare un po' di calore ad un brano il cui mood rilassato non fa breccia come nei brani precedenti. Un piccolo passo falso recuperato con la conclusiva “With You”, in cui la voce si appoggia oniricamente su rade note di piano e su pochi elementi di batteria mentre vagheggiamenti elettronici danno quel pizzico di psichedelia che non guasta.
Jessica e Federico rimangono sé stessi pur condendo di elementi nuovi la propria musica: se La Blanche Alchimie, almeno nell'evoluzione presa nel secondo album, era un progetto perlopiù intimista (esclusi esempi come la title track “Galactic Boredom” e “Cellar Disco Club”) qui il focus si sposta lievemente su toni più solari ed accessibili, con brani che non stonerebbero nell'airplay radiofonico...ammesso di avere gente abbastanza illuminata da accorgersi di progetti simili. Un po' poco per giudicare l'intero progetto però questi 4 brani, che pur diversificati fra di loro a livello d'atmosfera condividono spesso una struttura ridotta all'osso che, nel caso della title track, stufa col passare degli ascolti. Aspettiamo nuove mosse, probabilmente a breve.

Voto: 
Label: Autoproduzione


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