Nella mia non tanto vasta cultura
musicale Havah, progetto musicale dietro cui si cela Michele Camorani
(Raein, La Quiete), è balzato agli onori delle cronache col
precedente disco Settimana. Non che lo avessi ascoltato ai tempi
dell'uscita, ma complice la possibilità di recensire il nuovo
lavoro, Durante Un Assedio, ho deciso di recuperare ascoltando anche
i sette brani che andavano a comporre il concept di quel lavoro. Un
modo come un altro per prepararmi a giudicare con cognizione di causa
questi 8 nuovi pezzi, anch'essi strutturati secondo un filo comune (i
titoli sono tutti nomi di battaglie) e con testi che vertono
fortemente sul lato emotivo, racconti strazianti e vagamente
pessimisti di relazioni andate in fumo e stati d'animo martoriati,
come se fosse la nostra mente a stringerci d'assedio.
Se Settimana aveva atmosfere non
troppo dissimili dal punto di vista narrativo è nelle sonorità che
Durante Un Assedio si differenzia dal predecessore: seguendo
l'andazzo “per andare avanti bisogna tornare indietro” Michele
infonde in tutto il disco un amore per la punk wave oscura a cavallo
fra anni 70 ed 80 non certo celato in precedenza, ma che qui assume
livelli di idolatria più che di ispirazione. Già l'intro
elettronico “Numantia” è una dichiarazione d'intenti, rispettata
nelle atmosfere che odorano fin troppo di già sentito della potente
“Demmin” e, soprattutto, di “Badung” e della conclusiva
“Zalongo”: la prima potrebbe essere un pezzo dei Joy Division più
tirati (e per chi scrive la somiglianza eccessiva non è un pregio),
la seconda chiude in maniera poco efficace il disco fra riverberi
robotici che esaltano, in maniera negativa, l'altrimenti
condivisibile scelta di affidarsi nuovamente ad una produzione
fieramente lo-fi.
Quanto scritto sopra non significa
certo che l'album non abbia i suoi meriti: a partire dai testi, cupi
e disfattisti ma capaci di lasciare impresse frasi ad effetto (“la
notte avanza e ciò che hai son mura che non cadran mai”, “puoi
disarmarmi solo con un gesto di pietà che non avviene mai”),
passando per brani luminosi nella loro tenebra come “Saipan” per
poi finire con la commistione di elementi acustici che dona spessore
all'algida “Waco”, sonorità che ammaliano e rendono maggior
giustizia a frasi come “Quando son di fronte a te a dichiarar
vendetta la chiamo autodifesa”: è qui, come anche in “Masada”,
che si trovano i maggiori punti di contatto col lavoro precedente.
Potrei sindacare sulla scelta, riproposta, di seppellire la linea
vocale al di sotto degli strumenti, cosa che rende spesso difficile
discernere le parole scandite dalla voce tenebrosa e cupa di Michele,
ma non mi sento di condannarla a priori anche se rischia di far
godere meno di uno dei punti di forza della musica di Havah.
Settimana era un disco che
rinnovava secondo dinamiche personali un genere vecchio di
trent'anni, Durante Un Assedio di quel genere preferisce farsi
specchio compiacente ed orgoglioso: pur ammettendo che l'operazione è
riuscita bene non riesco a vedere in questo nuovo lavoro la stessa
fantasia creativa che si agitava nel precedente, costringendomi a
bollare l'ultimo parto musicale di Havah come un'occasione mancata
per la troppa voglia di crogiolarsi in ricordi in note splendidi ma
che sono, appunto, solo ricordi.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Autoproduzione
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